L’art. 353-bis c.p. rubricato - Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente - stabilisce che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
Le condotte incriminate, pertanto, sono quelle volte a impedire che la partecipazione ad una “gara”, o la semplice aspirazione a parteciparvi, avvenga nel pieno rispetto delle regole che disciplinano il mercato della libera concorrenza, al fine di favorire non solo gli interessi della Pubblica Amministrazione a stipulare un contratto realmente vantaggioso, ma anche gli interessi di privati che vantino un legittimo interesse a competere secondo correttezza, garantendo, in tal modo, il rispetto della procedura, la libertà di partecipazione alla gara e il competitivo svolgimento dell'intero iter selettivo.
Giova premettere come, nonostante il reato di cui all’art. 353-bis c.p. non sia indicato fra i reati presupposto del D.lgs. 231/2001, le fattispecie connesse alla turbata libertà di scelta del contraente presentano, per così dire, aspetti anticipatori rispetto agli altri reati contro la pubblica amministrazione previsti fra le condotte rilevanti della responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche.
In effetti, l’attuale collocazione sistematica della fattispecie di cui all’art. 353-bis c.p. è tra i reati contro la P.A., ove il bene giuridico tutelato dalla norma viene individuato, oltre che nel regolare svolgimento delle gare, anche nell’interesse a che la gara - preludio della stipula di un contratto vincolante per la P.A. - si svolga in modo tale da garantirne la correttezza e trasparenza, nel pieno rispetto della libertà di concorrenza.
Sebbene il reato di turbativa di cui all’art. 353-bis c.p. non rientri direttamente tra i reati presupposto del d.lgs. 231/01, le condotte che ne definiscono l’elemento oggettivo sono per loro natura prossime al rischio di altre fattispecie delittuose invece inserite nel catalogo di cui al decreto medesimo: basti pensare al reato di corruzione.
Il Modello 231/01, in particolare quello delle società che prestano servizi alla P.A., dovrebbe efficacemente ed efficientemente individuare ogni attività sensibile al rischio di commissione del reato di cui all’art. 353-bis c.p. e prevedere l’esistenza di procedure/protocolli aziendali adeguati, volti a mitigare il rischio di commissione dell’illecito previsto.
All'uopo, le Società dovrebbero, quindi, predisporre misure correttive per prevenire la commissione del reato in questione quali, ad esempio: (i) la redazione di procedure e l'adozione di specifici presidi di controllo nelle aree delle gare d'appalto, con particolare riferimento al market access ed al rischio della possibilità di esercitare pressioni (indebite) sulla formazione del bando di gara; (ii) processi di tracciatura degli incontri con esponenti della P.A.
Misure di prevenzione ulteriori, che le imprese possono adottare, sono rappresentate dal controllo sulla formazione dei prezzi contenuti nelle offerte economiche, dal divieto di operazioni in contanti che permetterebbero in prima battuta la formazione di fondi riserva "off the records" dai quali attingere per remunerare la controparte collusa, la predisposizione di presidi in merito al controllo dei dati (schede tecniche) che l'impresa fornisce alla stazione appaltante sia in relazione ad una attività di market access sia in sede di formulazione della parte tecnica delle offerte, o ancora la previsione di un sistema di turnazione.
In tale prospettiva, appare opportuno, pertanto, l’utilizzo di un approccio metodologico idoneo a individuare le aree/processi a maggior rischio di corruzione, identificando il sistema dei presidi e dei controlli finalizzato alla prevenzione dei reati che tenga conto sì del Modello 231 predisposto, ma anche dei criteri suggeriti nei documenti pubblicati dall’ANAC. L’approccio che dovrebbe essere adottato dalle Società dovrebbe permettere l’individuazione dei fatti illeciti potenzialmente realizzabili e dei processi aziendali “strumentali” alla realizzazione del reato.
Tra le azioni da mettere in campo al fine di definire protocolli di prevenzione e controllo circa la commissione degli illeciti previsti dal D.Lgs. 231/01 nella fase che precede la pubblicazione di un bando di gara e/o l’apertura di una procedura competitiva, le imprese potrebbero a titolo esemplificativo: adottare una pec unica per tutte le comunicazioni da effettuarsi in fase pre-gara; nominare un responsabile con il compito di coordinare e monitorare le attività poste in essere dagli esponenti aziendali, relazionare sull’andamento delle stesse e segnalare agli organi amministrativi competenti e/o all’OdV eventuali violazioni; stabilire che tutti gli esponenti aziendali autorizzati a interloquire con le Stazioni Appaltanti debbano obbligatoriamente rendicontare al responsabile, con cadenza mensile, le attività poste in essere nel periodo di riferimento.
L’implementazione di questi protocolli aziendali permetterebbero un migliore controllo da parte della società su tutte le comunicazioni potenzialmente illecite, garantendo una maggiore trasparenza, ovvero una corretta individuazione dei soggetti autorizzati a intrattenere rapporti/contatti con le Stazioni Appaltanti.
Per rispondere a tali esigenze e presidiare questo tipo di rischi, occorre che le aziende si rivolgano a professionisti specializzati che implementino procedure efficaci che possano andare ben oltre l’adozione dei modelli organizzativi 231 a tutela dell’integrità e della reputazione aziendale.